E’ tornato Mauro Biolcati, col suo secondo romanzo, e con lui il protagonista Roberto (Bob) Lupis, commissario di polizia inflessibile, intransigente sul lavoro quanto tenero e disponibile nel privato. Uno che non si accontenta di scoprire i primi livelli di responsabilità, costi quel che costi, ma che nel contempo ha un culto sacro dell’amicizia e prova e conserva al di là del tempo sentimenti profondi e immutabili.
Accanto a lui la donna amata, perduta, mai dimenticata e ritrovata; i collaboratori fedelissimi, contagiati dal suo entusiasmo, pronti a seguirlo sempre e dovunque; gli amici nelle varie forze di polizia, accomunati dallo stesso, infinito senso del dovere.
Intorno, un magistrato integerrimo, un questore burbero, ma sempre dalla sua parte, personaggi sfuggenti di servizi segreti più o meno ufficiali e infine i cattivi, ma cattivi sul serio, su base planetaria, disposti alle peggiori nefandezze pur di conservare e incrementare potere e danaro. E’ un romanzo, certo, ma per tanti versi non lontano dalla realtà, nel senso che rappresenta situazioni non insolite in un’indagine delicata, per l’oggetto o la qualità delle persone coinvolte, di polizia: la voglia di non fermarsi ai primi risultati e di continuare fino in fondo, i tentativi di insabbiamento o quanto meno di intralcio, l’onestà dei vertici e del magistrato.
Nella mia lunghissima carriera di magistrato ne ho conosciuti tanti di Lupis in tutte le forze di polizia, servitori convinti dello Stato che non si fermavano di fronte a nulla e a nessuno pur di far emergere la verità, supportati dalla stima e dall’affetto di collaboratori dello stesso stampo, con la protezione da pressioni e immeritato fango (ne uccide più la lingua che la spada, si diceva) di superiori e magistrati con la medesima vocazione, quella cioè per la supremazia della Giustizia.
Proteggere da chi, mi si potrebbe chiedere, in un quadro così idilliaco?
Beh, i cattivi esistono, a tutti i livelli e in tutto il mondo, e per questo sono indispensabili i “buoni” come Bob Lupis, di cui certamente sentiremo ancora parlare.
Nicola Trifuoggi
già Procuratore della Repubblica