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Fatti & Misfatti

Fatti & Misfatti

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La storia è giudice o giustificatrice? La visione hegeliana della necessità che tutto ciò, che è reale è razionale rende ragione del perché gli eventi della storia si dispiegano in un modo piuttosto che in un altro, ma anche del perché la ragione universale viene contraddetta da alcuni eventi piuttosto che da altri.

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La storia è giudice o giustificatrice? La visione hegeliana della necessità che tutto ciò, che è reale è razionale rende ragione del perché gli eventi della storia si dispiegano in un modo piuttosto che in un altro, ma anche del perché la ragione universale viene contraddetta da alcuni eventi piuttosto che da altri.
Quando la storia va di là dalla fenomenologia dei fatti in cerca di un senso, soprattutto in una direzione provvidenziale o finalistica dell’esistenza, si entra su un piano di lettura delle cose che l’ordinario percorso storico non spiega e non giustifica completamente.
C’è, poi, un’altra questione: ciò che rappresenta la storia ufficiale è l’unico piano su cui possono essere letti eventi che formano il nostro passato, che ha creato il nostro presente e che influenzeranno il nostro futuro.
Il piano trascendente o esoterico della storia è qualcosa da cui non si può prescindere, non soltanto le élite sono attratte da fattori strani, formati da linguaggi simbolici o non sempre intellegibili, ma anche perché esiste sotto la pelle della storia un movimento tellurico, energetico sottostante che può es¬sere spiegato soltanto con categorie che spesso stanno oltre i confini della ragione.
Quella ragione simbolica, esoterica, che guida anche movimenti che di là dai fatti muove la nostra realtà.
Fu così sicuramente per la storia medievale ed è così per ciò che attiene al trapasso dalla storia antica all’illuminismo, un crocevia pieno di luci che, però, si forma anche da una visione esoterico-alchemica della realtà.
Questo piano di ombra non è soltanto una deviazione occulta e negata della storia, che si esprime in Capalbo in una vigorosa lettura personale per cercare di sedare le correnti telluriche che attraversano la storia e rendono ragione di ciò che è accaduto, di ciò che accade e di ciò che accadrà.
L’autore riesce miracolosamente a tessere una ragione occulta della storia. In questa chiave alta anche i cosiddetti tanti misteri e segreti d’Italia, che sono stati spesso appannaggio di dietrologie banali e d’accatto, trovano direzione e un senso capace di spiegare ciò che fino ad ora non era spiegabile e di connettere tra loro fatti, personaggi, tendenze ma anche gusti e mode o strategie e tattiche che una visione scolastica e ordinaria della storia non riesce a dare.
Alla luce di questo processo intellettuale anche i dati della cronaca sociale e politica del presente trovano una dimensione avvincente e di nuova comprensibilità degli eventi. I fatti e i trend della politica, oltre che della cultura, si appalesano attraverso un esercizio che non è certo quello del gossip politico o della visione, talvolta complottista e paranoica della realtà, bensì una ricostruzione della trama e del disegno che spesso con gli occhi della quotidianità è letto come un arazzo o un ricamo visto dal suo rovescio ma, raddrizzandolo e guardandolo con la luce che proviene dall’alto, si ritrovano nessi che non si erano compresi o i disegni che apparivano solo caotici e confusi. Questo è il grande merito di Fausto Capalbo.
In questo volume il professor Capalbo affronta, in forma di saggio, un tema che era stato fino ad ora interpretato dalla letteratura con Dostoevskij e dal cinema con Allen: il misfatto, il delitto, il crimine possono portare a qualcosa? La risposta è nella Storia stessa, che continua nonostante il male, che non può essere espulso dalla natura umana. Soltanto Dio, secondo la tradizione patristica, è riuscito a escludere da sé il Male ma a scapito dell’essere umano, che ha un libero arbitrio tale da poter compromettere gli eventi del singolo e della comunità.
Certo, non esiste soltanto il male. L’uomo è capace anche di fare il Bene, che si srotola su un cammino accidentato, dando luogo comunque a eventi, fatti, che uno sopra l’altro costruisce una storia individuale che confluirà in una più alta Storia generale.
Non bisogna mai dimenticare la potenza del singolo individuo che in Dostoevskij riconosce di non essere un superuomo nietzschiano, in Woody Allen capisce che il male è necessario per andare avanti e in Capalbo si liquefà in un più grande disegno collettivo.
Non c’è argomento come quello della storia in cui la capacità, di dire cose ovvie, entra in quella sorta di ambascia delle cosiddette verità non falsificabili di Popper, secondo cui le uniche cose su cui vale la pena di parlare sono quelle di una quaestio disputata, perché se una verità non è falsificabile, allora è un’ovvietà. Quindi, scrivere di storia è un’ovvietà, perché nessuno può negarla.
Tuttavia, analizzare la storia con un occhio diverso – come fa il professor Capalbo – rende la storiografia meno banale e scontata, avendo una visione anche del futuro sulla base del passato. C’è un’adeguata comprensione dei fenomeni nuovi. E la funzione degli intellettuali è di guardare al futuro. Demostene, quando parlava agli Ateniesi della guerra contro Filippo Il di Macedonia, diceva che gli abitanti muovevano battaglia come un selvaggio fa a pugni. Invece, la funzione degli intellettuali è di guardare oltre, vedere avanti, rispetto al presente. Perciò, bisogna analizzare la storia, guardando alle radici dei fenomeni storici con uno sguardo al presente dove la globalizzazione ha cambiato le futurologie del passato.
C’è anche un altro aspetto che bisogna considerare e di cui rendere merito all’Autore.
Il professor Capalbo in questo testo dimostra di conoscere bene il pensiero di Nietzsche, secondo cui ciò che è profondo ama la maschera, e sa altrettanto bene che i più profondi obiettivi dello Stato sono centrati utilizzando quella virtù fondamentale che Mazzarino individuerà nella discrezione, nel non rilevato, poiché, come è noto, il potere si perpetua e si ingigantisce solo se viene nascosto alle masse.
In chiave più filosofica o esoterica, gli antichi Maestri hanno, dunque, insegnato che la virtù sta nel silenzio; questa via, se percorsa con abnegazione, porta – seppur con sacrificio — alla piena conoscenza e illuminazione; ma tutto ciò, poi, dovrà essere trasferito al mondo attraverso la propria testimonianza scritta.
Raccontando liberamente di fatti e circostanze, come già asserito a dir poco scomode, l’Autore mostra inevitabilmente il coraggio delle proprie idee e del proprio sapere, forte della difesa di quella Spada della Verità che lo preserva dalle bieche cospirazioni che aspirano a renderci prolet nel senso più smaccatamente Orwelliano del termine.
E’ l’apoteosi della conoscenza, della gnosi! Di quelle verietà che ci rendono (forse) davvero liberi da sovrastrutture interpretative ideologiche e condizionate spesso da una necessaria opacità, giustificata dal più alto obiettivo della ragion di Stato.
Se il mondo crea, allora, una pseudo-libertà che appaga l’ingenuo dormiente Eracliteo, un livello di conoscenza approfondito è esistito, esiste (e forse esisterà) solo appannaggio delle élite sociali — non sempre culturali — ma certamente non del popolo nella sua espressione più ampia e totalizzante.
Un sistema di controllo sull’evoluzione dell’Uomo, secondo uno schema ben delineato dal già citato Orwell nel testo “1984”. Un sistema, in verità, che, nella moderna società tecnologica, fa tuttavia enorme fatica a perpetuarsi e a rinascere sotto forme nuove e mutevoli; e ciò anche grazie al prezioso contributo di Capalbo e dei tanti misteri dischiusi da questo testo.
In questo scenario, in effetti, s’innestano “evidenze” particolarmente interessanti da conoscere e da interpretare in un naturale continuum che legano i fatti accaduti in periodi di-versi e li rendono storia: dalla trattativa Stato-Mafia quale elemento fondante lo Stato Italiano fin dalla sua nascita, ai fatti di Sigonella e Craxi, dai rapporti tra Stato e Chiesa a quelli intrattenuti dal Vaticano con il regime Fascista, dalla morte di Roberto Calvi all’analisi di fenomeni di grandissima attualità che attengono alle questioni politiche nazionali e internazionali o della medesima Santa Sede, e che le prime pagine dei giornali tendono a descrivere secondo un linguaggio solo eufemisticamente definibile avvolto in una coltre di nebbia.
Fatti e Misfatti risulta, a questo punto in modo naturale, un’opera molto avvincente per uno studioso del tema poiché permette al medesimo di insinuarsi nel tortuoso labirinto della conoscenza, guidato dal dubbio di non trovare la via del ritorno.
Ebbene, l’Autore ci indica il percorso-guida e la via maestra per giungere alla fonte del sapere, e lo fa mettendo a frutto non solo le tantissime fonti accumulate nel corso della propria esistenza, quanto soprattutto — ancor più preziosa — la messa “nero su bianco” d’idee e verità emerse nei tantissimi incontri con personalità illustri e che egli ri¬tiene lecito portare alla conoscenza dei molti.
Se è vero che, come sostiene Thomas Piketty, l’educazione culturale si caratterizza quale unico strumento nelle mani del popolo per accorciare i gap sociali e se, com’è altrettanto ve¬ro, il popolo va guidato, il ruolo di Capalbo in questo viaggio — che abbraccia, come già asserito, diversi periodi della storia d’Italia – non è a mio avviso solo quello di un novello Virgilio, quando piuttosto di un neoplatonico: come nel Mito della Caverna lo schiavo, dopo essersi liberato dalle catene e approdato alla vera luce, ritorna indietro a liberare e, successivamente a guidare, gli altri, così Capalbo ci libera da una (troppo) spesso mistificata storia e ci proietta verso un nuovo illuminismo storico.
Tutto ciò, concepito dall’Autore secondo quel ruolo di civilservant – meno esoterico e complottistico di quanto normalmente s’intenda tale accezione – assolto allo scopo esclusivo di lasciare una eredità culturale alle nuove generazioni che avranno desiderio di abbeverarsi al fiume della vera conoscenza, il tutto prodromico al tratteggio di un quadro chiaro ed esaustivo della storia e delle sue sfumature. È il principio — ripreso da Capalbo nel testo — secondo cui la verità non netta, ma (quasi) snocciolata risulta più interessante e per¬mette di giungere a punti di convergenza maggiori tra le diverse parti che cercano di studiarla o interpretarla.
Per concludere. Il titolo del libro “Fatti e misfatti” rappresenta bene lo spirito della narrazione di eventi storici pochi chiari che sono sottoposti a interpretazioni che cambiano secondo lo stato di avanzamento della ricerca e della documentazione che, tempo per tempo, si rende disponibile al vaglio degli studiosi.
D’ indubbio interesse è la suddivisione tripartita del testo definita con tre R (il Regno, il Regime, la Repubblica), che pone in risalto l’analisi storica nella sua continuità in una concatenazione di eventi spesso poco conosciuti o trattati in modo propagandistico dalla vulgata accademica e spesso gestita da ben precise compagini politiche e non solo.
L’Autore invece ha deciso di fare ricerca attenta utilizzando fonti particolari o poco conosciute. Il lettore sarà guidato nella lettura e alla scoperta di eventi con una prospettiva che evidenzia una costante storica del nostro Paese.
L’ingombrante presenza d’interessi stranieri intenti a condizionare e limitare il più possibile lo sviluppo economico e la crescita democratica italiana, anche con l’utilizzo di opzioni a volte violente costellate da depistaggi ed occultamento di prove relativi ad eventi di cui ancora, a distanza di molti anni, non si hanno risposte adeguate.
Piuttosto che scrivere una diligente compilazione allineata e scontata, Fausto Capalbo ha deciso di mettere le mani su documentazioni scomode e, talvolta, in apparenza, contraddittorie fra loro, realizzando una mirabile sintesi interpretativa di taglio nuovo che presenta un filo logico coerente di interessante lettura.
Alessandro Meluzzi

Autore

Fausto Capalbo

Editore

Michele Biallo Editore

Anno

2018

Pagine

420

Lingua

Italiano

ISBN

978-88-905379-9-8

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